Come d’abitudine, di tanto in tanto mi fermo a far memoria di quanto vissuto. Non ci giro intorno: è stato un tempo tosto. Difficile. Ma anche carico di speranza, di fiducia, di Dio.
Nelle prove attuali mi sono lasciato interrogare nel profondo da San Giuseppe, il falegname a cui Dio ha affidato il ruolo umano più impegnativo: guidare, crescere, proteggere Suo Figlio. Contemplando Giuseppe quotidianamente, il mistero del suo silenzioso operare è stato un sostegno senza eguali per la mia anima.
Capita spesso di vivere i rapporti più importanti come dei dati di fatto, come qualcosa di “ovvio”, con il rischio che scivolino verso la scontatezza, quando invece sono quanto di più importante e prezioso ci venga donato. Oggi più che mai bisogna lottare per custodirli.
Giovanni Gazzaneo, direttore del mensile Luoghi dell’Infinito, a febbraio mi chiese di scrivere un pensiero su mio padre in concomitanza con la festa di San Giuseppe. Tralasciando il fatto che adoro Luoghi dell’Infinito e che sono onorato d’essere tornato a scrivere sulle sue pagine, quella richiesta ha avuto qualcosa di profetico. Negli ultimi 20 anni, difatti, non ricordo un mese in cui ho passato più tempo con mio padre quanto lo scorso marzo. E non mi vergogno a dire che la sua presenza è stata, una volta ancora, una benedizione.
Lui non sapeva di questo articolo. Gli ho solo fatto recapitare a casa la copia del mensile, una volta edito. La sua reazione così piena di commozione, di quel qualcosa che non si può raccontare a parole, ha amplificato ancor più quella che io avevo sperimentato nello scrivere il testo che ora, ancora timidamente, vi condivido.
Buona lettura!