Questa sera sono finalmente a casa mia da solo, in silenzio. La TV se ne sta lì, bella muta, un po’ impolverata. L’arrivo del digitale terrestre credo abbia definitivamente chiuso i miei rapporti con quella scatola nera…eh! Mi sono fatto da mangiare in silenzio, in silenzio ho poi mangiato seduto per terra, o meglio, su un tappeto rosso passione. Ho appoggiato i piatti su un tavolino di vetro alto più o meno mezzo metro, come sono solito fare. Mi piace mangiare così, seduto sul suolo, saranno le mie influenze asiatiche (di questa vita e soprattutto di altre)…mah, chissà.
E’ tutto il giorno che rifletto, sto perlopiù muto. Si, come la TV. Nell’assenza di vibrazioni vocali le vibrazioni mentali aumentano di frequenza.
Ora, prima di dormire, nel dialogo con il grande Capo sto tirando le somme della giornata e mi sto facendo consapevole dei tanti pensieri formulati. Mi accorgo che da stamattina mi canticchio costantemente un brano di Giorgio Gaber tratto da “Dialogo tra un impegnato e un non so” (per il quale ringrazio il mio caro amico Andrea Navarin). La canzone in questione è “La Libertà“, del 1972. Riporto il ritornello:
“La libertà non è star sopra un albero,
non è neanche il volo di un moscone,
la libertà non è uno spazio libero,
libertà è partecipazione“.
E’ quest’ ultima frase a risuonare come una campana in me, da tutto il giorno.
Io partecipo? Le persone con cui condivido la vita partecipano? Usiamo la nostra libertà, il nostro ingegno, il nostro talento per un fine partecipativo / migliorativo del nostro comune mondo? E poi, nel particolare, io ho il coraggio di rendere le mie libere idee interiori “esplicite comunicazioni e azioni esteriori“? Insomma, un bel giorno di sani quesiti!
Poi mi chiedo nello specifico della mia situazione: il cantante, l’autore, come può rendere partecipativa la propria “libertà”? E’ una domanda difficile, la risposta richiede concretezza e probabilmente non sono abbastanza adulto ed esperto per avere una visione saggia. Però se uno non inizia a porsi quesiti e non azzarda dei passi, rimane fermo e … non è mia intenzione. Intanto perciò faccio un azzardo e chiedo già scusa al mio manager per quello che sto per dire: credo che dare un senso alla nostra libertà di artisti significhi innanzitutto essere sinceri e proporre temi significativi, sentiti, di cui sentiamo il bisogno di trattare anche guardando alla situazione sociale in cui viviamo. Purtroppo questo senso di responsabilità latita, soprattutto tra gli artisti da top ten radiofonica. Si è vero, potete fare l’obiezione che molti sono solo interpreti e prestano “voce, faccia e corpo” al fine altrui, infatti non è di loro che parlo (non perchè li giustifico, ma perchè passo direttamente oltre). Ritengo che, soprattutto visto il periodo storico che stiamo vivendo, io e i miei colleghi autori ci dobbiamo impegnare a mettere da parte un po’ la musica fatta per divertire e trasmettere qualcosa di più arricchente, sincero. Lo dico perché credo che la musica sia forse l’ultima arma a disposizione della gente per creare consapevolezza in un mondo di deprimente assopimento morale, civile e spirituale.
Oggi mentre provavo in sala con il resto della band continuavo a riflettere su questi aspetti e pensavo che i nostri grandi cantautori nazionali dovrebbero impegnarsi in prima persona per aumentare il livello di comunicazione e di contenuti proposti nei media. Noi abbiamo bisogno di loro, il popolo ha bisogno di loro. Parlo degli artisti dai grandi numeri che al contempo hanno il favore di radio, tv e giornali, personaggi che potrebbero unire masse immense di persone alzando il livello di consapevolezza di milioni di Anime attraverso canzoni e azioni magari meno “paraculo” ma più “utili”, visto il momento. Mi riferisco ai vari “cantautori” da top ten tipo Ligabue, Vasco, Lorenzo, Zucchero ecc… tutte persone di alto livello che hanno trovato la giusta formula per rimanere cantautori di qualità senza farsi tagliare fuori da radio e tv (come invece è successo e succede ad altri…). Quattro personalità estremamente diverse, con penne, stili e storie differenti e proprio per questo tutti utili al fine “partecipativo”. Oltre ad essere artisti grandi e realizzati, sono ricchi (ssimi), famosi e sono già tutti nella seconda parte della loro vita, quella che dovrebbe essere appunto la più “libera” da condizionamenti. Sia chiaro, io stesso sono un fan di due di loro, i quali già hanno manifestato pensieri e canzoni nella direzione di cui parlo…ma ORA c’è bisogno di uno scatto, di uno slancio, di metterci la faccia, di sporcarsi un po’ se necessario. Tra me e me oggi, pensando a loro, mi chiedevo: “perchè state ancora lì e dite senza dire, fate senza fare sul serio? Voi siete al top, se non lo fate voi, oggi chi dirà le cose importanti alla gente??”. Certo… i sentimenti, l’amore, la musica, il ritmo, tutto serve alle persone, guai se mancasse. Ma il Paese oggi ha bisogno anche di comunicazione intelligente, di contenuti, di risvegliarsi: la politica non lo fa, la tv, le radio e i giornali sono al servizio di una parte della classe dirigente che ha tutto l’interesse a mantenere basso – direi rasoterra – il livello di consapevolezza della nazione (e ci stanno riuscendo bene). Se anche i grandi autori/cantanti adulti e astuti, con accesso ai media come quelli che ho citato stanno zitti (o quasi), siamo perduti.
E così, con questi pensieri Gaberiani sono giunto qui a questo mio blog. E, visto che si attira sempre ciò che si sta pensando più intensamente, poco fa mi sono imbattuto in una intervista di Mons. Gianfranco Ravasi dove commentava l’azione di San Paolo: “San Paolo ha saputo dimostrare che bisogna vivere nell’interno del proprio tempo, della propria cultura e bisogna essere capaci di conoscerne tutte le sfumature, però al tempo stesso in esse bisogna inserire un messaggio, una comunicazione, un valore. Egli aveva la figura di Cristo, aveva il messaggio cristiano. Perciò Paolo diventa l’emblema di una autentica inculturazione, cioè di una autentica inserzione del cristianesimo nelle coordinate della nostra cultura contemporanea così mutevole e così ardua da commuovere, da smuovere e da trasformare“. Ecco. San Paolo sì era un vero Rocker, c’è bisogno di gente come lui. Torna qui da noi Paolo, stavolta portati una Fender telecaster e mi raccomando dì al tuo Amico di venire con te perchè di questi tempi ti servirà un Manager invincibile!