“L’uso dei viaggi è di regolare l’immaginazione con la realtà, e, invece di far pensare come possono essere le cose, di farle vedere come sono”.
(Samuel Johnson)
Notte del 24 febbraio, ore 1.30: siamo sul nostro amato van in partenza da Thiene (Vi), direzione Milano Malpensa. Abbiamo fatto le valigie più o meno un quarto d’ora prima e chiaramente partiamo senza aver chiuso occhio. Il nostro dott. Boston Menegozzo incensa il suo nuovo trolley perché dotato di un asse a tre ruotine con tanto di bussola superiore, mentre Ricky Trash vince come sempre il match dei bagagli portandosi come valigia per l’intero viaggio settimanale uno zainetto Eastpak (Ricky dimmi come fai! dopo tanti anni rimane un mistero 🙂 ).
Grazie a Dio con un paio di caffè il nostro dott. alla guida è imbattibile, a qualsiasi ora e in qualsiasi situazione psicofisica:-) Arriviamo all’aeroporto alle 4.45. Il primo incontro con il gruppo dei pellegrini è al check in della Meridiana: si tratta di circa 35 persone dai 23 ai 75 anni. Instauriamo subito un rapporto amichevole con vari di loro, c’è chi ci guarda con curiosità, chi invece sembra avere ancora la faccia appoggiata al cuscino (stando in piedi e senza cuscino però eh!). E’ lì che finalmente incontriamo Alessandro Bartolini, mitico capo Scout e ingegnere, nostro riferimento per la logistica del viaggio, e Don Nandino Capovilla, uno straordinario prete rock’n’roll veneziano, vero pastore per noi pecorelle allo sbando.
Arriviamo a Tel Aviv attorno alle undici, i Cuori sono ricolmi di curiosità e di gioia per l’avventura che ormai è alle porte. Il Sole splende, usciamo dall’apt e scopriamo piacevolmente che la temperatura esterna è di oltre 20°. All’arrivo veniamo infilati subito su un bus e mi rendo conto che quando si atterra in Israele l’immagine interiore che ci si fa della TerraSanta può cozzare fortemente con la realtà odierna: non appena si esce dall’aeroporto Ben Gurion, infatti, ci si ritrova su moderne autostrade, si vedono varie industrie, c’è una vegetazione rigogliosa e molto verde. In questo scenario vengo a contatto con i primi cartelli stradali con scritto “Jerusalem” e… ecco i brividi. Brividi anche ora che lo scrivo. Gerusalemme centro del mondo, Gerusalemme inizio e fine, Gerusalemme dannata e santa, Gerusalemme!
Siamo in strada alla volta di Lod, una città senza tempo che fu colonia greca (Lydda) già citata in testi del 2000 a.c.. Lod nei millenni fu teatro di fortissime vicende umane, religiose, belliche e politiche e ora capisco quanto è stato bello partire da qui. Quando Don Nandino fa fermare il bus non so assolutamente nulla di dove sono e del perché ci siamo fermati proprio lì. Non ero pronto, e non esserlo era la fortuna più grande.
Esco dal bus: tra palazzine e appartamenti fatiscenti c’è una specie di borghetto di pietre color bianco antico con una Basilica Cristiana-Ortodossa e a qualche metro un Minareto Musulmano. Non avevo mai visto due luoghi santi di diverse religioni cosi vicini, praticamente adiacenti. Sono bellissimi. Vengo subito toccato interiormente da quell’insieme di tutto: la città, le auto tamarre e un po’ sgangherate, il Sole caldo, l’asfalto, il vento, le ragazze con il velo e le ragazze senza che mi guardano e sorridono, le pietre antiche, i jeans, i fiori, la terra dorata e, soprattutto, il profumo nell’aria che dice inequivocabilmente “tu sei già stato qui, eccoti tornato”… tutto ciò in un colpo d’occhio, in un paio di battiti di Cuore. Eccolo l’attimo di benedizione che sento salirmi dentro alla velocità della luce, quell’emozione che è magica euforia, espressione di Dio in un’istante, ecco che arriva la Gratitudine: “Grazie per tutto, grazie per ogni istante, grazie, Ti Amo”.
Preso da tale sentimento abbraccio Ricky e Mike (tour manager e in questo viaggio anche musicista dei The Sun) e insieme ci dirigiamo sorridenti verso la Basilica. Adoro l’iconografia ortodossa e in questa basilica ogni angolo è un racconto, una esplosione di energia, una lode dorata. Vedo che buona parte del gruppo si sposta nella parte sotterranea della Chiesa e così li seguo. Solo lì mi rendo conto dell’importanza del luogo: siamo sulla tomba di San Giorgio, martire leggendario la cui storia si intreccia al mito (patrono anche degli Scout). In questa occasione assisto alla riconferma della loro promessa e colgo la profondità di un mondo che avevo solo distrattamente visto da fuori, di cui faceva parte in modo molto attivo anche la nostra cara amica Alice Binotto (de “Il giorno di Alice”).
Attorno le 14.30 arriviamo nella zona di Gersualemme (ma non in Gerusalemme!) e ci fermiamo a pranzare in una bellissima parrocchia cattolica dove ci aspetta il mentore umano del nostro viaggio: Sir. Abuna (Abuna = “Don” in arabo) Mario… E lì che ci aspetta sulla porta per accoglierci e appena ci vede ci abbraccia. In poche battute capiamo subito di trovarci nelle mani di un sano pazzo di Dio 😉 Vedo la città a qualche chilometro e ne rimango incantato. In un certo senso lei risponde all’immagine che avevo creato nella mia fantasia.
Dopo circa 20 ore senza pasti, si pranza. Diciamocelo: per un italiano il rapporto con il cibo all’estero può essere conflittuale e arrecare gravi dolori emotivi, invece in questa occasione – come in Giappone – scopriamo di essere di fronte ad una serie di pietanze eccezionalmente buone e al contempo sane. Unione perfetta! Per un quasi vegetariano come me, un po’ schizzinoso e attento all’alimentazione, vedere abbondanza di verdure fresche di vario tipo, frutta, legumi, riso, olive e surrogati vari rappresenta una gioia speciale oltre ad una speranza per la settimana che ci attende.
Abuna Mario invita alcuni ragazzi palestinesi-cristiani per spiegarci come in Israele ci sia una catalogazione delle persone attraversle carte d’identità. Sono lì con noi, abbiamo davanti agli occhi l’esempio di un ragazzo libero (simile a noi), uno che lo è “a metà” e uno che nella vita potrà stare solo all’interno di alcuni piccoli territori senza alcun riconoscimento presso stati esteri. E’ il primo shock.
(per questioni di tempo – soprattutto il vostro 😉 – devo selezionare alcuni momenti delle giornate).
La sera giungiamo a Taybeh (l’ EFRAIM dei Vangeli), unico paesino interamente cristiano rimasto nell’intera regione palestinese (1400 abitanti). Qui ci aspetta presso la parrocchia locale un grande uomo, Abuna RAED, che ci accoglie con ospitalità offrendoci subito una straordinaria “catechesi in 10 minuti” portandoci in una casa antica fatta esattamente come quelle dei tempi di Gesù. I nostri Boston e Lemma sono presi positivamente di mira e l’abuna locale li porta sottobraccio all’interno di questa strana e affascinante abitazione. All’interno della casa l’esuberante Don ripercorre le 38 parabole presenti nei Vangeli spiegandocele per il loro significato reale, aiutandosi con oggetti del tempo e contestualizzando gli avvenimenti nel periodo storico di Cristo. Mentre ci coinvolgeva nel mondo di 2000 anni fa ci rendevamo conto di essere di fronte a un personaggio interiormente molto ricco: avevamo le lacrime agli occhi, in alcuni momenti per le risate e in altri per l’ammirazione e lo stupore di fronte a cotanto carisma. Successivamente abuna Raed ci accoglie in un’altra grande sala nella quale ci invita a sederci a cerchio per raccontarci con grande sentimento le gioie e i dolori della TerraSanta. E’ un incontro straordinario che da una direzione forte a tutto il nostro viaggio come gruppo e anche come band.
Quando mi trovo di fronte a uomini come Raed mi sento piccolo piccolo, perchè si evidenzia la grandezza d’Animo di coloro i quali scelgono di mettere i loro talenti esclusivamente al servizio del bene. Sono questi gli eroi del nostro tempo, sono loro gli uomini di cui si deve parlare e verso di loro – siate credenti o meno – si può solo provare immensa ammirazione.
La serata procede con una piacevole cena araba e con altri incontri con i giovani della comunità locale. Scopriamo inoltre che a Taybeh si produce l’unica – e buonissima – birra locale, la Taybeh Beer, di cui vi allego una foto e che ci farà compagnia durante tutta la settimana (www.taybehbeer.com).
Concludo la mia giornata guardando il Cielo e le Stelle dalle colline palestinesi che mi sanno di casa, è lì che prego il mio primo Padre Nostro solitario nella terra dov’è stato recitato la prima volta.
La notte ci aspettava con dei mini materassini a terra in uno scantinato di un simpatico ospizio locale… comunque sempre con grande allegria 🙂
LOVE YOU.
Ps: come promesso ecco il primo video report della giornata. Lo gustate di più se prima avete letto il racconto 😉