Questi mesi estivi mi hanno sorpreso con una luce particolare, un nuovo impegno specialissimo – molto più di un lavoro – che richiede tutto il mio tempo all’infuori della tournée. Dopo i primi mesi di post assidui, ho dovuto fermare le pubblicazioni qui nel blog, che riprenderò a fine estate.
Oggi però mi viene in soccorso il mio caro e buon Lemma (bassista dei The Sun per chi non lo conoscesse), a cui passo la parola per questo nuovo succulento e significativo post. Il tema non riguarda solo i musicisti, ma tocca tutti. Perciò buona lettura e condivisone! E fatemi sapere cosa ne pensate scrivendo i vostri commenti qui sotto!
Un abbraccio,
Francesco
Ho sempre divorato musica. Ho sempre cercato novità, album con carattere, gruppi che avessero qualcosa da dire e che lo facessero in modo nuovo e in maniera accattivante. Ho sempre amato andare a scovare le novità italiane del sottosuolo musicale italiano. Le influenze della musica d’oltre oceano, ma anche quelle nordeuropee mi hanno sempre affascinato, per poi finire ad ascoltare spesso quei vecchi classici italiani che scaldano il cuore.
E devo dire che questa cosa mi ha sempre entusiasmato un sacco… ma non è mai risultata così difficile come in questi ultimi mesi!
Ora una domanda mi sorge spontanea: o io sono invecchiato in fretta e senza accorgermene, oppure qualcosa di essenziale nella musica è cambiato! Senza schierarmi a prescindere sulla seconda ipotesi – visto che la prima non è poi così allettante – mi piacerebbe provare ad analizzare un attimo la situazione odierna e magari provare anche a capire come ci si è arrivati. Molte volte ho sentito l’affermazione che gli anni ’80 sono stati il momento più buio della musica. Può essere! Mi rifaccio a quello che dicono i grandi esperti di musica, ed io di sicuro non sono annoverato in questa categoria. Mi sento semplicemente un grande consumatore. Certo è che se mettiamo a confronto alcuni pezzi degli anni ’80 con quelli che girano oggi in radio, l’idea che gli ’80 fossero stati anni bui si allontana alla velocità della luce.
In questa breve riflessione ho deciso di non fare i nomi di nessuno. Dimenticherei sicuramente qualcuno dei miei artisti preferiti, sentendomi irrimediabilmente in colpa, mentre se parlassi male di alcuni dei contemporanei rischierei di rientrare nel fenomeno tutt’altro che nuovo – ma che sembra oggi andare tanto di moda – del “dissing”.
Per i miei gusti personali sorvolerò sulla piaga che dilaga nelle orecchie di chi si espone ai mezzi di diffusione di massa da maggio ad ottobre, che sono la musica latina e il reggaeton. Tra l’altro questo periodo si sta dilatando un po’ di più di anno in anno e questo fatto per le persone come me, che mostrano una vera e propria patologia di grande sofferenza e dolore fisico nell’ascoltare questo genere, è alquanto preoccupante.
La musica comunque evolve. È sempre stato così e molte volte ci sono i “ritorni di”.
Da anni ormai oltre agli strumenti tradizionali è forte l’introduzione dell’elettronica, che in certi casi oramai può anche sopperire a qualsiasi uso di strumenti classici. Largo uso – e abuso secondo il mio umile parere – visto che oggi l’utilizzo di strumenti nati per correggere stonature, come l’autotune, sono la cosa più diffusa che ci sia nella musica trap, che tanto sta conquistando i giovani all’estero e in Italia.
Ecco, è forse proprio questo genere musicale “trap” che mi lascia senza parole. Sono mesi che ascolto curioso, chiedo, mi documento e vado a cercarmi informazioni su questo nuovo genere e tuttavia non capisco.
Da tempo si sottolinea che il grosso problema della musica è il fatto che non ci si fermi più ad ascoltarla. Siamo bombardati dalla musica in ogni situazione ed il più delle volte essa corrisponde ad un semplice sottofondo. É vero.
Sono il primo a cadere in questo errore e infatti sono poche le volte in cui decido di fermarmi, rilassarmi e mettermi ad ascoltare qualcosa che mi piaccia.
La musica esige rispetto. Lei desidera che ci fermiamo e ci dedichiamo esclusivamente ad ascoltarla. E proprio questa nostra mancanza potrebbe essere poi la causa del fatto che la musica ne soffra profondamente combinando casini astronomici come la trap, che però non riesco proprio ad immaginare come musica di sottofondo.
Diciamocelo, i brani trap possono avere basi che possono pure piacere, o anche no, spesso infatti richiamano il reggaeton appunto, ma sono comunque ricolme di parole veloci o meno veloci, di concetti, di tutto il loro esprimere un modo di essere, certo opinabile, ma comunque difficile da immaginare che passi inosservato come una sorta di sottofondo.
I concetti espressi sopra a delle basi molto semplici, in quanto ricolme di bassi, che oltre al loro ruolo armonico vanno a svolgere anche una funzione ritmica, contornate poi da charleston roteanti che servono a dare il vero bit a questi pezzi, sono però di chiara comprensione: ostentare ricchezza e citare marchi e modelli di orologi, automobili, capi d’abbigliamento, alcolici. Non può mancare naturalmente la droga, che sembra essere la cosa che li rende più fighi. Infatti tutti questi diciamo “artisti” sembrano essere accomunati dal fatto di essere passati dal “campetto” di periferia, alle top hits italiane sempre accompagnati dalla fedele droga.
Non si può verificare chi sia più fedele all’altro e nemmeno se la chiave del successo economico derivi più dall’essere un musicista o un pusher. La svalutazione delle donne è poi presente un po’ in tutti i brani. Su questo quasi mi sento di sorvolare in quanto alle ragazzine a cui ho chiesto se per loro questo fosse giusto mi hanno risposto che non se n’erano accorte.
Anche quando ero giovane io alcuni dei miei idoli parlavano di droga nei loro pezzi, ma era un altro modo di vedere le cose, che dava il giusto peso ad esse oppure ci sorvolava sopra rendendo semplicemente l’argomento una sorta di contorno.
Il confine poi tra questi – diciamo nuovamente – “artisti” e i fenomeni mediatici del momento è pure labile tanto che spesso i paladini della “pasta col tonno” e altri che sillabano e mugugnano nelle loro canzoni, vengono annoverati proprio sotto questo tipo di nuova generazione musicale. Effettivamente però, da quello che ho potuto capire, di questo fatto se ne sono indignati anche i trapper in primis. Quasi un’amara consolazione.
Oltre a questi nostri “eroi” ci sono pure grandi esponenti della scena indie italiana a farla da padroni.
Quando ascoltavo indie qualche anno fa, l’ultima cosa che mi sarei potuto aspettare era di ritrovarmi ad accendere una radio ed essere bombardato da brani di questo genere. Quasi come se essere indie volesse dire proprio non passare in radio ed essere esclusi dal mondo mainstream. Oggi invece questo genere dilaga nelle nostre orecchie con pezzi che hanno le potenzialità armoniche di canzoni di Lucio Battisti, se non fosse per il fatto – non trascurabile – che parlano di Tachipirina, di medicinali vari, a volte di un amore che non ho capito se deve risultare intellettuale (e qui comunque va considerata la possibilità che io sia troppo stupido per capirlo), del fatto che la vita é triste, che il futuro é buio ma non più del passato e del presente e che in linea di massima non glie ne frega un c…..o di niente.
Ecco, in fondo il concetto che emerge, la chiave di lettura che accomuna l’ideale che sottosta a tutta questa ondata di nuova musica italiana, che sia trap, indie o qualsivoglia altra categoria di facile assimilazione è: “non me ne frega un c…..o!!!!”
Fa sorridere ripensare a 15 anni fa quando io e Ricky – batterista dei The Sun – ci facevamo delle grasse risate quando per scherzare gli dicevo che volevo tatuarmi sul collo questa frase… Però ripensare a quei tempi aiuta a mettere in ordine le idee.
Voglio concludere dicendovi che se anche ci possono essere delle cose di oggi che mi ricordano la musica di quando ero giovane io, sono sicuro che però l’intento era diverso. In quello che ascoltavamo una volta era sempre accesa e fremeva la voglia di cambiare il mondo. Le cose non vanno bene? Ok, noi siamo disposti a lottare per cambiarle.
“Non me ne frega un c….o” lasciamolo ai mezzi uomini.