Invece un Samaritano, che era in viaggio, passandogli accanto, lo vide e ne ebbe compassione.
(San Luca evangelista, Lc 10,33 ).
Mattina del primo Marzo 2011. Sette anni fa, in questo giorno, gli Israeliani posero la prima pietra del muro carcerario lungo oggi oltre 725 km che divide le colonie israeliane dal territorio palestinese. Per gli israeliani si tratta del “muro di sicurezza”, per i palestinesi invece è “il muro di separazione razziale”.
Se noi The Sun siamo di fronte al muro proprio stamattina, è per dimostrare pacificamente il nostro dissenso verso questa opera che incarna un sistema palesemente malefico che decreta una sconfitta sul piano umano, da qualsiasi parte politica la si guardi.
Siamo insieme agli Scout, alle persone di Pax Christi, alle suore, ai preti locali e alle comunità cristiane palestinesi, siamo con loro per pregare e per agire in modo intelligente per far sì che questo scempio imploda al più presto.
Sono convinto che un Rosario recitato con amore, convinzione e Fede da 50 persone possa unire gli animi e crepare anche fisicamente le lastre di cemento e di odio. La nostra preghiera è forte, sono felice e grato di essere qui. Ci sono suore di Betlemme che ogni venerdì mattina vengono al muro e, puntate a vista dai mitra israeliani, recitano il Rosario camminando per il suo perimetro. Ci vuole coraggio. Donne consacrate, spesso minute, hanno più palle di uomini potenti votati alla spregiudicatezza e all’avidità, protetti da muri di gomma.
Fa uno strano effetto vedere quei mitra puntati mentre si prega. E’ una esperienza che mi fa bene, ci fa bene. Per noi la libertà è un dato di fatto, come aprire il rubinetto e vedere dell’acqua che scorre: garantito. Non è così. Il mondo è un altro posto, noi siamo in un’oasi e il peggio è che per gran parte della nostra vita non ce ne rendiamo conto.
Non sono un esperto di politica estera, perciò le mie opinioni derivano dall’osservazione e dall’ascolto di quanto sto vivendo qui, a contatto diretto con la realtà. Come cristiano mi sento mancare vedendo Betlemme, la città natale di Gesù, rinchiusa, sigillata, asfissiata da un muro carcerario di dimensioni schiaccianti.
Proprio qui la ferita si fa sentire. Proprio gli ebrei, proprio loro, il popolo eletto che conosce meglio di molti altri il peso della segregazione, del ghetto, come può accettare una soluzione del genere nel 2011?
Mi manca l’aria ogni volta che m’avvicino a questi blocchi di cemento, sento delle reminiscenze di quando la libertà era negata, di quando il valore della vita era calpestato. Qui però è tutto al presente.
Dopo il Rosario abbiamo celebrato una Messa toccante, semplice nella forma e ricchissima nel contenuto. Ringrazio tutti i compagni di viaggio che con la loro grandezza d’animo ci hanno dato costanti esempi di umiltà, fede e concretezza, tutti aspetti nei quali noi dobbiamo certamente crescere 🙂
Il video che ha preparato Ricky è eloquente, quando lo guardo mi commuovo.
Un ringraziamento va ad Alessandro che ha scelto di montare le immagini del muro sulla nostra canzone “L’alba che vuoi”. Di fronte al muro il nostro testo assume un significato maggiore. Tutto comincia se lo vogliamo, e io ci credo proprio.