15 dicembre.
Stasera faremo il nostro primo “vero” evento ad Amman. Suonare in un nuovo stato è sempre una grande emozione, non importa quante volte ti sia già capitato.
La prima volta che varcammo i confini italiani per suonare in un altro Paese era il 2002, giusto una capatina in Svizzera per vedere com’era: ci divertimmo un casino! Poi, dal 2003, con l’uscita del nostro album Tour all over, l’intento fu idealmente quello di spostare la residenza dei nostri sogni in terre straniere. In un certo modo ci riuscimmo, con tutte le gioie annesse e connesse, ma anche con le fisiologiche distorsioni di quegli anni.
Ecco… questo per dire che stasera metteremo una sorta di nuova bandierina nella nostra piccola cartina: è il 18° stato in cui suoniamo. Chissà, forse sarà una tappa di maturità. Vedremo!
Ieri sera, al rientro da Petra, affamatissimi, abbiamo avuto la pessima idea di incaponirci sulla cucina libanese. Perché un ristorante libanese? Perché pareva mettere d’accordo un po’ tutti. Così mi metto a cercarne uno e… perdindirindina quanti libanesi ci sono ad Amman! Quale scegliere?! L’indicazione dei miei cari fratelli era questa: vogliamo mangiare benissimo ma spendere niente. Sono proprio mitici! La città però è più cara del previsto, e chi pensa sia automatico andare fuori risparmiando e mangiando pure bene si sbaglia. Ciononostante su tripadvisor qualcuno dice che c’è un libanese delizioso a buon mercato (se così si può dire). Ci andiamo di corsa… sbagliando! La mia faccia nella foto è emblematica. Non metto quella di Ricky per rispetto. Un’esperienza culinaria che ci ha teletrasportati nel ricordo di quei luoghi sparsi lungo le statali lombarde con fuori affissa l’invitante insegna: “tavola fredda”!
Così, dopo la lauta e calda cena di ieri, stamattina è stato interessante osservare il nostro educato avventarci sulle cibarie della colazione. Effettivamente ci attende una giornata indubbiamente singolare. Perché? Lo spiego con una frase del nostro Mario: “Eh, ragazzi, prima de andà a fare il sound check per il concerto c’è da sonà all’ambasciata italiana”. Ecco. Perfetto. Il giorno del nostro primo concerto ad Amman coincide guarda un po’ con la prima volta in vita che entriamo in un’ambasciata, per giunta per suonarci. Fantastico!
L’esperienza in ambasciata è interessante, a tratti divertente e stimolante: è un momento di incontro che riunisce tanti cooperatori internazionali che vivono qui per un saluto pre-natalizio. Certo, non ci mancano gaffe da urlo e momenti di silenzioso panico, come quando Cherry scambia una signora anziana della diplomazia giordana per una sua vecchia zia e tenta di darle un abbraccio o come il mio non rendermi assolutamente conto che la signorina che mi chiede insistentemente una intervista è la presentatrice televisiva più nota – e, diciamo, ambita – della Giordania. Momenti magici!
Ammetto che noi non siamo famosi per riuscire ad integrarci velocemente in questi ambiti formali, però poi arriva il momento di suonare… E la musica ci riporta a nostro agio, fa uscire quel che siamo, e mi permette di dire davvero quello che penso anche in questi contesti. Le parole di presentazione dell’ambasciatore Fabio Cassese ci lusingano, il suo effettivo impegno personale per il bene comune e l’interesse autentico per i progetti di Mario ci fanno sentire subito in sintonia.
Dopo un piccolo imbarazzo iniziale ci ritroviamo a cantare, suonare e parlare esattamente come in qualsiasi nostra esibizione: a cuore aperto. Così il centinaio di persone (e personaggi) presenti si uniscono a noi in un momento che diventa una festa. Bellissimo!
“S’è fatto tardi, dobbiamo andare!”. In 8 anni non so quante volte ho sentito questa frase da Mario, però ha ragione! S’è fatto tardi… così corriamo nel salone dove faremo questo primo concerto “ufficiale”.
Abbiamo scelto di proporre il set acustico che avevamo ideato per il concerto di Cafarnao. Le canzoni rivisitate in questa chiave ci piacciono moltissimo e i feedback ricevuti ci hanno convinti a proporlo nuovamente.
“La sala non è delle più adatte per suonare ragazzi, anzi, però vedrete che ne vale la pena!”, ci dice Mario. Effettivamente la serata ci emoziona. Ci sono tante famiglie irachene, altre giordane, e poi tedeschi, spagnoli e sud americani. Un po’ parliamo in italiano, un po’ in inglese, un po’ qualcuno traduce in arabo. Le canzoni che più mi emozionano in questa versione stasera sono “20” – con Lemma all’armonica e Boston al basso -, “Non ho paura” – letteralmente stravolta – e “My prayer”… che mi ricorda sempre come Dio semini nella nostra vita anche in tempi e circostanze che non penseremmo.
In un batter d’occhio un’ora e mezza vola. E poi alla fine del concerto scopriamo che tra il pubblico c’è proprio l’ambasciatore e tante altre persone impegnate in ambiti di cooperazione che erano presenti poco fa all’ambasciata. Un bel segno la loro presenza. Piccole cose che però scaldano il cuore.
Ora finalmente si mangia qui al ristorante italiano di Allen e dei ragazzi iracheni: un motivo per festeggiare, ridere, ritrovarsi con amici e conoscerne di nuovi. Alla fine ciò che resta e ci ricolma è sempre la relazione. La luce dell’amicizia.
Vado a letto ripensando ad un appunto trascritto in preghiera, che mi ha ben guidato anche mentre scrivevo “I Segreti della Luce”: “tutto il senso della vostra esperienza umana è la fraternità”.
E’ davvero così.
Buona notte.